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Utopie minacciate. La rivoluzione in Kurdistan

Il 25 maggio 2023, presso il palazzo comunale Santoni di Jesi, ha inaugurato una mostra cui sono molto legata. Per appuntare questa curatela, di cui sono particolarmente felice, ho deciso di raccontare la sua storia. La documentazione fotografica è a cura del Collettivo SlumilCinko.

La compagna Sam Arcanda mi ha fatto conoscere il collettivo SlumilCinko e il suo prezioso lavoro. Mauricio Centurion, fotoreporter parte del gruppo, era di ritorno da un’esperienza in Kurdistan e stava organizzando delle esposizioni in Europa. Abbiamo imbastito velocemente un gruppo di lavoro: Sam Arcanda, grafica e schizzettista incredibile, il collettivo LaMuuf, incessante nel suo allestire l’impossibile, l’Arci Jesi Fabriano, associazione che ha supportato economicamente tutta l’impresa, il Comune di Jesi – assessorato alla cultura di Jesi, nella persona di Luca Brecciaroli, che non ha battuto ciglio e ci ha subito aperto le porte del palazzo storico, io, curatrice e coordinatrice.

Abbiamo iniziato a pensare all’allestimento: ci interessava il desiderio che il Collettivo SlumilCinko aveva espresso, cioè che la mostra potesse viaggiare e abitare anche i luoghi meno ospitali del pianeta. Per questo abbiamo rintracciato materiali diffusi e a basso costo ovunque: legno, corda, sacchi di juta, chiodi o mollette. Con questa idea, abbiamo recuperato una valigia delle giuste misure per poter viaggiare senza problemi, che contenesse le stampe, ma anche alcuni materiali e, non per ultimo, l’impianto comunicativo. Anche nell’ambito della diffusione, infatti, abbiamo pensato ad una fanzina autoprodotta, replicabile facilmente a mano o con delle semplici fotocopie, con spazi bianchi dedicati all’aggiornamento e alla scrittura.

Infine a partire dal tulipano dipinto su un muro, ritratto in una foto molto importante della produzione di Mauricio – quella in copertina che racconta la storia di una famiglia che ha perso la casa a causa di bombardamenti: ritrovandosi a vivere in un luogo totalmente distrutto, i più giovani della famiglia hanno pitturato un muro, per ricordare i fiori che crescevano nel giardino della propria casa. Questa non è un’eccezione: tutte le foto di Mauricio portano in sè una narrazione importante, ed è per questo che le didascalie erano a volte lunghe e descrittive della storia che le immagini portavano dentro – abbiamo progettato uno stencil che potesse essere sbombolettato su pareti, muri, asfalto, e che potesse indicare il luogo e il titolo della mostra.

Sinossi:
Una rivoluzione ha un inizio ma non una fine, soprattutto quando si svolge nel mezzo di un continente assediato dallo sguardo vampiresco delle grandi potenze. Il Rojava – regione autonoma de facto nel nord e nord-est della Siria – ha celebrato il suo undicesimo anniversario nell’agosto del 2023, un decennio di tentativi di autonomia, libertà e convivenza in una delle aree recuperate del Kurdistan.

Le idee che il leader curdo Abdullah Öcalan ha scritto dalla prigione turca di Imrali sono state messe in pratica in un territorio abitato da 4 milioni di persone di etnia curda, araba, siriana, armena e turkmena.

Protagonismo delle donne in tutti gli ambiti sociali, convivenza, autogoverno interetnico e rispetto dell’ecologia nei modi di produzione economica, sono alla base del confederalismo democratico proposto da Öcalan come alternativa per la liberazione di un territorio situato tra guerre.

Questi dieci anni sono stati di lotta costante; prima la guerra per liberare i territori occupati dallo Stato Islamico e, una volta raggiunto questo obiettivo nel 2019, l’autodifesa del territorio curdo si è concentrata sulla protezione dai continui attacchi e minacce di invasione da parte dello Stato turco, che ha il secondo esercito più grande della NATO.

Nel corso del 2021 e del 2022 il fotografo Mauricio Centurion si è trovato in Rojava, nel Kurdistan siriano, per documentare il territorio ribelle dieci anni dopo la rivoluzione, le sue conquiste, le sue sfide e l’attuale guerra dichiarata dalla Turchia. La mostra “Utopie minacciate” è un tentativo di restituire il racconto di questo territorio e di queste comunità, attraverso materiale fotografico, video e sonoro.

Questo lavoro fa parte di un progetto più ampio, chiamato “La rivoluzione delle montagne”, che cercherà di raccontare e articolare in alcune pubblicazione, attraverso fotografie e scritti, i punti in cui si incontrano alcune delle più importanti rivoluzioni di questo secolo: la rivoluzione zapatista, la rivoluzione curda e i processi di auto-organizzazione e resistenza mapuche (in territorio argentino e cileno).

La mostra è pensata per viaggiare e per trovare, di volta in volta, nuove comunità, spazi, realtà nelle quali adagiarsi. Contenibile in una valigia, è progettata per essere allestita in una enorme varietà di condizioni e possibilità. L’esposizione inaugura il 25 maggio, alle 19:00 a Palazzo Santoni (Jesi), alla presenza dell’autore. È prodotta e organizzata da Arci Jesi Fabriano, allestita dal collettivo LaMuuf, curata coralmente da Carolina Mancini, Samantha Nisi e il collettivo LaMuuf. Cura dei collage e degli schizzi Kulturivora.

La mostra è patrocinata dal Comune di Jesi e sostenuta da Arci Marche all’interno del progetto VIRIDEE_Marche finanziato dalla Regione Marche.

Biografia d’artista
𝗠𝗮𝘂𝗿𝗶𝗰𝗶𝗼 𝗖𝗲𝗻𝘁𝘂𝗿𝗶𝗼𝗻 è nato in una terra dove l’alfabetizzazione è arrivata tardi e dove le popolazioni indigene hanno adottato la trasmissione orale della cultura come forma di resistenza. Corrientes, la provincia nord-orientale dell’Argentina, è piena di cantastorie e poeti della vita quotidiana che intrecciano e raccontano, a tempo lento, un evento quotidiano come se fosse una storia. Gli ci sono voluti anni per capire che quei vecchi che bevevano il mate con lui erano i suoi primi maestri. Mauricio lavora come fotogiornalista e regista di fotodocumentari da dieci anni, la fotografia è il suo strumento più vicino, ma scrive e gira anche film. Crede che non sia tanto il mezzo a contare, quanto piuttosto il bisogno di raccontare una storia, un atto che per lui si traduce nella necessità di ascoltare e imparare dalle storie degli altri.
Le storie che ha raccontato negli ultimi dieci anni parlano di rivoluzioni, resistenza e organizzazione comunitaria contro un mondo che cerca di uccidere la vita. All’inizio della sua carriera di fotoreporter in Argentina ha fotografato i contadini indigeni di Santiago del Estero che resistevano all’agrobusiness (Alma de Santiago), la violenza della polizia raccontata in diversi lavori che si sono conclusi con Nino, un saggio fotografico e un breve documentario sulla morte di un amico per mano della polizia. Durante la pandemia ha prodotto il saggio “Otras cuarentenas” (Altre quarantene) sulle persone che non potevano rimanere a casa. Negli ultimi anni trascorsi in Argentina, ha realizzato due saggi sul collasso ambientale, Rio de fuego, su una comunità di vicini che si organizza per spegnere gli incendi delle zone umide, causati dall’agrobusiness e dall’incuria dello Stato, e Rio de cielo, su come la siccità ha colpito le persone che vivono vicino al fiume. Il lavoro centrale e più importante che svolge è “Guardianes de las Montañas” , un progetto a lungo termine che cerca di raccontare le rivoluzioni del XXI secolo. Nel 2017-2018 è stato nel sud del Messico con la rivoluzione zapatista e la resistenza ribelle della comunità di Acteal. Nel 2022 e 2023 è stato in Rojava, Kurdistan, Siria per ritrarre il presente dei curdi a dieci anni dalla loro rivoluzione e nel contesto della guerra in corso. «Ci sono rivoluzioni che stanno nascendo in varie montagne, questo significa che c’è del lavoro da fare, che è necessario conoscerle e poter trasmettere che esistono, fare giornalismo di speranza in questo tempo di disperazione».