Nonna Fiammetta ha abortito clandestinamente nel 1972, quando la legge 194 non esisteva ancora. Ha abortito di nascosto, e nonno Giovanni le ha sempre portato un gran rancore, perché lui, quel secondo figlio, lo voleva tantissimo. Secondo i racconti maschili della famiglia, ha abortito perché aveva un esaurimento nervoso: sognava tutte le notti che quel figlio sarebbe stata la sua sciagura. Un mostro, un essere immondo, qualcosa di maligno. Nonna non mi ha mai raccontato del suo aborto, ha però segnato la data nella sua agendina in pelle verde, sotto la data di morte di suo padre.
In quel periodo nonno era lontano – questo lo so dalle lettere trovate in casa: era in servizio come finanziere a Pedaso, mentre Fiammetta stava a Santa Croce, frazione di Trieste, con Nicola, il suo primo figlio di sette anni. I soldi erano pochi e Giovanni le faceva pervenire una lettera ogni tanto in cui, per lo più, si scusava di qualcosa: di essere assente, di averla delusa per le troppe bugie raccontate, per non poterla andare a trovare. Nonna non rispondeva perché sapeva scrivere pochissimo. Ha abortito probabilmente lasciando Nicola con qualche parente per qualche ora. Sarà partita in bus per raggiungere una mammana che avrà utilizzato una gruccia, un ferro da calza o un intruglio di erbe. Di certo aveva paura, perché ogni anno morivano 20/25mila persone in seguito ad operazioni di aborto clandestino. Fiammetta è sopravvissuta.
Era felice, quando il 22 maggio 1978, a sei anni dal suo aborto, è entrata vigore la legge 194. Non che nonna fosse particolarmente fan dello Stato – partigiana dell’ex jugoslavia, divenuta cittadina italiana e animata da un’odio endemico per il cognome italianizzato che hanno imposto a lei e alla sua famiglia -, ma era felice.
Il 28 settembre, per la giornata dell’Aborto libero, sicuro e gratuito con le compagne del collettivo transfemminista di Jesi abbiamo diffuso volantini informativi sull’ivg. La notte, abbiamo organizzato un attacchinaggio autonomo: supermercati, poste, farmacie, fermate dei bus, ma anche scuole, grazie al collettivo studentesco che ci ha affiancate.
Il giorno dopo siamo scese in piazza per un volantinaggio collettivo informativo: numeri sugli obiettori, iter di aborto farmacologico e chirurgico. Abbiamo chiamato cittadinanza, movimenti e collettivi a condividere quell’azione in una città, Jesi, che conta il 100% dei ginecologx obiettorx.
In piazza abbiamo letto il nostro comunicato, abbiamo attaccato uno striscione sul cavalcavia della città, abbiamo intonato cori con fumogeni accesi. È stato forte, necessario. Nel cuore avevo nonna Fiammetta, e come lei in quella giornata di maggio del ’78, ero felice.
“1.” È il primo di tre racconti che ruotano attorno alla figura reale e immaginaria di nonna Fiammetta e delle sue lotte – a sua insaputa o forse no – femministe. Si tratta di un piccolo progetto/cuore che tenta una rilettura di eventi di vita personale attraverso la militanza politica contemporanea. La ricerca e la scrittura è avvenuta nel rispetto delle persone care. Per il secondo racconto, 2.